This is a moral universe.
Everybody has to live with themselves
-and Brother, that can be pretty tough!Desmond Tutu
RECENSIONE
È una sera fredda, fuori nevica, ma questo all’editore non importa, ha tra le mani un libro scritto da uno dei suoi autori più famosi nel mercato editoriale che racconta una storia particolare, una di quelle forti che suscitano l’interesse del lettore. La pubblicità è già attiva da mesi e secondo le statistiche si percepisce che il libro sarà un successo. Sta per approvarlo e mandarlo in stampa quando nel suo ufficio entra una donna chiedendogli di non pubblicarlo: «Mi aveva promesso che non lo avrebbe raccontato mai in un libro.»
Lei è Petra Vinter, lavora per l’Onu e ha vissuto una terribile vicenda in Africa, a Morenzao. Al suo ritorno racconta quello che le è accaduto ad un amico scrittore con la promessa che ogni avvenimento confidato sia custodito come un segreto. Purtroppo ciò non accade e la sua storia, seppur con un nome e alcuni dati di fantasia, riempie le pagine del libro che l’editore ha di fronte. Petra, una volta scoperto il tradimento, reclama il suo diritto alla privacy.
Da quel momento in poi dubbi e riflessioni tormenteranno le ore dell’editore. Sarà vera la storia raccontata da Petra? Cosa è permesso pubblicare ed esporre alla mercé di tutti? Vi è un’etica nel mondo dell’editoria e della letteratura? Si può raccontare una storia che ci è stata confidata purché i nomi e i dati siano di fantasia?
«Una casa editrice non è eticamente responsabile per conto di un autore…. È responsabilità dell’editore far notare all’autore che la sua opera potrebbe offendere qualcuno… ma la decisione finale rimane all’autore.»
Una cosa è certa, se il libro non verrà pubblicato la casa editrice perderà tantissimi soldi. Ma tutto è permesso se si tratta arte? Bisogna sempre pubblicare quello che vogliono i lettori? Fino a dove si può spingere uno scrittore?
«Se l’artista deve comportarsi in modo ragionevole nei confronti della realtà esteriore sarà a detrimento della sua arte.»
Anche Picasso ha rubato le idee agli amici, come uomo potrebbe essere giudicato ma non la sua arte. Proust nei suoi libri parlava di tutte le persone che conosceva. Le tradiva?
Una decisione che lo tormenta e lo porta a riflettere su tutta la sua esistenza, su ciò che è morale, sulle proprie responsabilità di editore e sulla libertà d’espressione. Cosa deciderà di fare?
Quello che vi viene raccontato lo mettereste mai in un racconto? A me è capitato e quando l’ho saputo, solo leggendo il libro, non mi è piaciuto per nulla. È una cosa di poco conto, pubblicata oltretutto in un post qui su WordPress, ma chiederne il permesso sarebbe stato eticamente corretto.
Il libro di Janne Teller lo potete trovare nei maggiori store online, nel formato che più preferite. Io ho preso l’ebook da Feltrinelli grazie ad una gif card che mi è stata regalata per Natale, il miglior omaggio di sempre.
Fortunatamente (o forse no) non mi trovo nella situazione di dover decidere in tal senso. Ma, c’è sempre un ma, ognuno di noi usa il mondo reale e i suoi abitanti per creare il nostro personale mondo immaginario. E spesso non chiediamo il permesso.
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Io l’ho chiesto. A volte sono situazioni molto delicate e chiedere non costa nulla 😊
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Personalmente non lo farei.
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Un segreto è un segreto. Mantenere la parola data dà il valore della persona
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è brutto ritrovarsi nei racconti di altri, senza esserne nemmeno informati..a pensarci bene, io l’ho fatto un paio di giorni fa, ho scritto di un’amica prima di chiederle se potevo farlo. Chissà se anch’io sono stata scorretta.
Buona serata mia cara heart
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Dipende da come mi hai parlato, se bene, sei assolta. Se male, ma lei già lo sa, sei comunque assolta.
Tu sei sempre buona e io sono un pessimo avvocato 😅
Un abbraccio ❤️
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dipende tutto dal grado di riconoscibilità delle persone-personaggi.
Credo che a ognuno di noi che scrive racconti capiti di utilizzare episodi reali di cui è venuto direttamente a conoscenza o che gli sono stati confidati in segreto. Questo materiale, di solito, lo rielaboriamo (non cambiamo solo i nomi dei protagonisti, ma anche i loro connotati, le circostanze) in modo che chi legge non possa riconoscere l’episodio e i suoi interpreti. Solo il/la protagonista reale si riconoscerà, per qualche frase detta da lei riportata fedelmente o per qualche dettaglio lasciato inalterato. Ma a quel punto, se non è riconoscibile agli altri, l’interessat# ha ancora diritto alla non pubblicazione del libro? Secondo me, no 🙂
ml
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Ottima riflessione! Sui racconti è più semplice e penso che lo facciamo un po’ tutti. Su un intero libro la vedo più difficile, soprattutto quando si parla di fatti incresciosi, come in questo libro 😊
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Acc che quesito. Eticamente credo corretto sia informare la persona interessata del desiderio/intenzione di pubblicare la stiria. Vero è che se si cambiano i nomi, i luoghi, si “maneggia” un po’ il contesto si dovrebbe riuscire a rispettare anche la privacy della persona la cui storia si vorrebbe raccontare.
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In questo caso risulta difficile modificare troppo il contesto e i fatti.
Un abbraccio, dolcezza
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Sarebbe da chiedere l’autorizzazione se il personaggio fosse riconoscibile. ma se la storia è rimaneggiata e non danneggia per me non è così necessario.
Quanti romanzi non sarebbero stati pubblicati se l’autore avesse avuto questi dubbi!!!
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Troppi… ma in questo caso la storia era troppo forte…
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Vero!
🤗🤗🤗
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Tutti gli scrittori inseriscono elementi di vita reale: episodi, dialoghi, personaggi. L’immaginario dello scrittore attinge alla sua vita. Di solito però ogni elemento viene rielaborato, in parte reinventato, ogni personaggio modificato, diventando una cosa diversa: è il lavoro creativo dello scrittore. Certo però, se tu vuoi scrivere un intero libro basato su una vicenda realmente avvenuta e riconoscibile, devi perlomeno avere l’autorizzazione della persona di cui intendi parlare…
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soprattutto visto che ne sei venuto a conoscenza grazie ad una confidenza…
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